Le misure restrittive imposte dal governo sembrano riscuotere il consenso di una grossa fetta di popolazione. La paura della malattia ci predispone a cedere volontariamente e senza fiatare “quote” di libertà personale.
Ma fino a che punto siamo disposti a cedere? Sarà poi facile recuperare, a fine pandemia, quello che ci è stato tolto?
Tutti accettiamo di sacrificare le nostre libertà spaventati dalla paura della malattia ma senza mettere di mezzo il complottismo, la storia è stata piena di esempi di un uso strumentale del terrore per istaurare dei veri e propri regimi.
E la situazione sembra proprio stia degenerando in quella direzione.
È il caso ad esempio della Nuova Zelanda. Nonostante il paese conti solo una ventina di decessi dall'inizio della pandemia la premier Jacinda Arden ha ipotizzato la quarantena forzata in cosidetti c-vid camp per tutti coloro che si fossero rifiutati di fare i test.
In Australia addirittura la polizia è autorizzata ad entrare nelle abitazioni private senza mandato in barba a qualsiasi rispetto dei diritti fondamentali.
Purtroppo non sono solo stramberie ed estremismi fuori dai nostri confini e non possiamo guardare con relativo distacco coccolandoci con la costituzione come se fosse la coperta di Linus.
Qualche tempo fa anche da noi si tentò un operazione del genere. Il ministro Speranza aveva proposto la stessa identica cosa spingendosi addirittura oltre invocando l'aiuto degli spioni di stato.
E che dire delle inquietanti dichiarazioni di Zingaretti e Bonaccini?
Sia chiaro, la salute va tutelata in ogni modo ma se cade il muro invalicabile dei diritti fondamentali che separa lo stato dai cittadini apriremmo la strada a un pericoloso precedente.
La Paura genera potere, un potere dal quale difficilemente ci si vorrà distaccare. Siamo sicuri che torneremo alla vita precovid? Siamo sicuri che certe libertà ci saranno nuovamente restituite?
Ma soprattutto, siamo sicuri che la salute sia un giusto prezzo per potercene privare?
“Nessuno è più schiavo di colui che si ritiene libero senza esserlo”
JOHANN WOLFGANG VON GOETHE
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